"Una storia non vive se qualcuno non la vuole ascoltare. Ma le storie che amiamo di più, rimangono in noi per sempre" (J.K. Rowling). Ebbene, se un giorno avrò scritto qualcosa destinata a rimanere in eterno nel cuore anche di una sola persona, potrò morire felice.
Che il mio sogno altro non sia altro che un pallido riflesso di un desiderio che non diverrà mai realtà? Può darsi. Ma ciò non m'impedirà d'inseguirlo.

mercoledì 14 agosto 2013

Recensione: "Red" di Kerstin Gier

Cari lettori e lettrici, per la felicità di tutti voi amanti dei libri, della scrittura e del sarcasmo, I'M BACK AGAIN.
No, a parte lo scherzo, lo so, la mia assenza dal blog in questi giorni è stata incresciosa, anzi, imperdonabile. Ma, bando alle ciance, ora che sono tornata, mi accingo a recensire un libro di cui mi è stato parlato moolto moolto bene, e che morivo dalla voglia di leggere se non altro per poterne criticare i punti deboli...
Sto parlando di
"Red", dell'autrice tedesca Kerstin Gier. Diamo un'occhiata alle caratteristiche generali...
Titolo: Red
Autore: Gier Kerstin
Genere: urban fantasy
Lingua originale: tedesco
Editore italiano: Corbaccio Editore
Pagine: 329
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: € 16, 60
Formato: rilegato
Parto subito col dire che è un libro che vale la pena di leggere, se non altro perchè, nonostante si tratti di un urban fantasy, non troviamo nè vampiri, nè maghetti, nè lupi mannari (olè) tra i personaggi.
Fortunatamente, mancano anche il nemico supercattivixxximo, l'anello dai poteri miracolosi e l'eroina "quanto-sono bella-e-quanto-sono-brava".
Il libro ruota tutto intorno al tema dei viaggi nel tempo: Gwendolyn, la nostra protagonista, si ritrova infatti a possedere un "gene" che le permette di viaggiare nel passato, cosa che, in realtà, non le interessa affatto, dato che il suddetto gene doveva essere ereditato dalla cugina Charlotte, bellissima, intelligente e perfetta in tutto e per tutto.
Durante i suoi salti indietro nel tempo, Gwendolyn conoscerà personaggi oscuri, misteriosi ed intriganti, cercherà di svelare il mistero legato al furto del cronografo (una sorta di macchina del tempo), e vivrà mille mirabolanti vicende insieme al compagno di avventure Gideon, di cui scoprirà pian piano di essere innamorata.
La trama è avvincente ed accattivante, invoglia il lettore conoscere i dettagli della storia e lo lascia in molti punti col fiato sospeso. I personaggi non sono affatto degli archetipi, ma individui "pensanti" (sapete già quanto mi prema questo punto), caratterizzati chi da qualità distinte, chi un po' meno...mi spiego meglio.
Gwendolyn è una ragazza ironica, vivace e timida al punto giusto, sempre affiancata dalla simpatica amica Leslie, a mio parere il personaggio più riuscito dell'intero libro. Per quanto riguarda il bellissimo Gideon, personalmente non mi fa impazzire: credo sia più che altro una trovata commerciale, introdotta dall'autrice per far battere il cuore alle quattordicenni (cosa che, non ho dubbi, le sarà riuscita benissimo). Charlotte non mi piace per nulla, e non lo dico per il ruolo di antagonista che (poveraccia) si ritrova ad avere, quanto per la caratterizzazione SCARSISSIMA. Insomma, è un personaggio negativo, e l'abbiamo capito. Ma perchè? Perchè si comporta in un certo modo? Perché pensa, fa e dice certe cose piuttosto che altre? Nella prima parte del libro, quando crede ancora di essere lei la predestinata, la cugina è già cattivo nei confronti della protagonista, soltanto per il gusto di esserlo, e la cosa...non funziona.
Per il resto, la storia mi è piaciuta. Lo stile è abbastanza scorrevole, la narrazione dinamica, mai noiosa,e la trama è molto intrigante. Mio malgrado, non ho trovato altri punti da criticare. Lettura assolutamente consigliata.
VOTO FINALE: 7,5/10

venerdì 2 agosto 2013

Pubblicare o non pubblicare? Questo è il problema

Un paio di giorni fa, curiosando sul web, mi sono imbattuta casualmente in questo discussissimo post dello scrittore e sceneggiatore italiano Sandrone Dazieri, noto, tra le altre cose, per aver scoperto e proposto il primo contratto alla cosiddetta "regina" del fantasy italiano, Licia Troisi.
Inutile dire che sono rimasta un tantino inorridita. Non tanto perchè il sovracitato consigliasse ad una ragazza di 16 anni di lasciar perdere la pubblicazione del proprio romanzo (cosa sulla quale, in ogni caso, non sarei d'accordo a prescindere, ma che può tuttavia essere condivisa dalla maggior parte della gente), quanto per le nove motivazioni in base alle quali egli sostenesse la propria teoria.
Cito testualmente:

"Perché la tua storia fa acqua. E’ vero, il mercato ora ha aperto la grande categoria degli Young Adult, ovvero dei libri per ragazzi della tua età – poco di meno, poco di più – e capita che qualcuno della tua età riesca a toccare il cuore dei suoi coetanei. Ma è una possiblilità su un milione (...)"

In effetti, sotto certi aspetti, non posso dargli torto. Il recente boom dei baby scrittori, quindicenni di ogni nazionalità che si sono trasformati in scrittori affermati o giù di lì, ha rotto le balle a tutti. Io stessa, ieri, in questo articolo ho accusato la Fiorentino (ai tempi in cui ha scritto il libro, quattordicenne) di aver dato vita ad una trama che fa acqua da tutte le parti, oltre che di possedere uno stile troppo infantile.
Tuttavia, sono del parere che l'unico modo per imparare a scrivere, sia proprio scrivere. E' vero, degli incidenti di percorso possono capitare, ma il contatto con il pubblico, le critiche e le recensioni negative, sono l'unico modo per crescere e per migliorarsi. Dubito che, se la storia di Alessia (non ce l'ho con lei, la sto citando solo come esempio) fosse rimasta chiusa in un cassetto, ella avrebbe potuto capire dove ha sbagliato e come non commettere più gli stessi errori. E mi aspetto grandi miglioramenti da lei.
Se poi, come afferma Danzieri, la storia dell'aspirante scrittore X fa davvero acqua da tutte le parti, è compito dell'editor rendersene conto e rifiutare la pubblicazione.

"Perché i tuoi personaggi sono di cartone. Hai conosciuto troppe poche persone a fondo, forse solo i tuoi genitori, l’amore stai cominciando a scoprirlo e non hai la giusta distanza per ragiornarvi. Quello che sai del mondo, della vita e della morte, per lo più lo hai imparato da altri libri o dai film, prodotti culturali che sono la sintesi, più o meno riuscita, del percorso di vita e conoscenza di altre persone. Per questo i tuoi personaggi saranno fasulli, i dialoghi penosi, le psicologie infantili."

Su questo proprio non mi trovo d'accordo. Appunto perchè gli adolescenti sono adolescenti, perchè vedono il mondo come ragazzi della loro età, perchè hanno la mente aperta e la capacità di sognare che molti adulti non hanno, sono le persone più adatte a parlare a gente della loro età. La verità è che più si cresce, più si diventa insensibili alle novità, alle piccole gioie, ai sentimenti della gente che ci circonda. Più si cresce, più si punta in alto, alla fama, alla ricchezza, ed allo stesso tempo si smette di credere alle piccole cose, ai piccoli sogni che in realtà sono la base su cui costruire la felicità. Più si cresce, più la mentalità si chiude, si finisce per vivere solo di rimpianti e per pensare giornate intere all'erba del vicino, la quale, si sa, è sempre più verde.
I giovani sono giovani, e per questo odiano tutti gli adulti, temono le interrogazioni ed i compiti in classe, riescono a divenire maledettamente scontrosi e lasciano che dentro le loro vene scorra la rabbia contro un mondo che è tutto sbagliato e che non pensano sia il posto che fa per loro. Ma se fosse proprio questo ciò che vogliono trasmettere nei propri libri? Se gli adolescenti volessero far arrivare ai lettori il proprio messaggio, il proprio "io non ci sto" e "voglio che tutto questo cambi"? Se volessero far provare ai loro personaggi la paura del futuro, la voglia di lottare e di non arrendersi, l'ingenuità delle loro speranze e della credenza che sia l'amore, e non il denaro, a muovere il mondo? Se volessero una volta per tutte mettere a tacere tutti gli adulti che dicono loro "alla vostra età non esistono problemi" e "non ti lamentare, tanto le cose andranno sempre peggio"?
E poi, caro Danzieri, parla proprio lei di personaggi di cartone. Lei che è uno del settore, e sa benissimo che non tutti i personaggi creati da scrittori grandi e vaccinati sono degni di questo nome. Vogliamo parlare di Federico Moccia o di Fabio Volo, che sono un insulto per la letteratura italiana esattamente quanto Benedetta Parodi lo è per la cucina? Ho letto molti libri scritti da miei coetanei, e, si fidi, per quanto possano "fare acqua", sono sempre e comunque migliori di quella feccia.

"Perché scrivere è bellissimo, ma solo lo si fa per se stessi. Poi diventa un lavoro. Brutto. Non puoi scrivere quando hai voglia, non puoi scrivere quando hai tempo, non puoi scrivere quando ti gira. Devi farlo in modo regolare, tu ne abbia voglia o meno, perché è l’unico modo per entrare davvero in quel mondo che stai costruendo. (...)"

Sante parole, se riferite ad una persona che prende questo mestiere come un gioco. Ma non per tutti i giovani è così. Sappiamo benissimo che è faticoso, che la vita è dura e ingiusta, che ci dovremo fare il c**o e che il lavoro è una cosa seria, ed una persona che decide fare di questo mestiere la propria vita, posso assicurare, le conseguenze di cui lei parla le ha già valutate, e non ne ha paura.

"Perché non venderai/ non diventerai famosa/non sarai recensita"

Che noi giovani siamo tutti dei "bamboccioni" destinati a diventare una massa di falliti, ce lo ricordano giornalmente telegiornali, radio, talk show e politici, grazie. Ci hanno già assicurato in tanti che nel mondo del lavoro non c'è posto per noi, ma...sa cosa? Non ci crediamo. O almeno, abbiamo voglia di dimostrare che non è così, scrittori o non scrittori.

Scusate lo sfogo. Ovviamente, tutto ciò non vuole essere un attacco verso nessuno, ma soltanto un mio trasparente parere.

giovedì 1 agosto 2013

Recensione: "Sitael, la seconda vita"

Ho pensato di dedicare la prima review di questo blog ad un libro che mi è capitato di leggere di recente, scritto (pensate un po') da una nostra connazionale agli esordi. Di chi sto parlando?
Lei è Alessia Fiorentino, classe 1990, e questo è

"Sitael-La seconda vita", edito da Dario Flaccovio e pubblicato nel febbraio 2010.
Ma bando alle ciance, diamo un'occhiata alle caratteristiche generali del libro.
Titolo: Sitael (La seconda vita)
Autore: Fiorentino Alessia
Genere: fantasy 
Lingua: italiano
Editore: Dario Flaccovio
Pagine: 861
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: € 22,00
Formato: brossura
Ecco, già a partire da qui, possiamo trovare un paio di note stonate.
1) Il prezzo di copertina è davvero esagerato. 22 euro, lo sappiamo tutti, non crescono sugli alberi. Perciò, se proprio ci troviamo costretti a spendere tutti questi soldi, dovremmo ritrovarci tra le mani qualcosa che vale davvero la pena di leggere. Personalmente, ritengo che l'autrice avrebbe dovuto pagare me per sopportare 861 pagine di questa tortura. Ma questa, ovviamente, è solo un'opinione.
2) 861 pagine, per l'appunto. Le cose son due: o ci ritroviamo davanti ad un vero e proprio capolavoro, e quindi questo importante numero di pagine è riempito con grande maestria, oppure abbiamo appena acquistato un mattone  formato da 200 pagine di storia e 600 di "blablabla". Quale sia l'opzione giusta, giudicatelo voi.
3) Genere: fantasy. E a proposito di fantasy, sul proprio blog, l'autrice ha dichiarato di non aver mai letto nulla di questo genere, ma di aver soltanto trascritto il racconto che, pur sognando di leggere, non aveva mai trovato in libreria. Ora, mi domando: MA SI E' MAI DATA LA PENA DI CERCARLA? Perchè evidentemente (come lei stessa hai dichiarato), che non ha mai letto un fantasy è vero, ma di certo non perchè non ne esistessero prima dell'uscita di Sitael (Tolkien scrisse "Il signore degli anelli" già nel 1937). Al contrario, di storie simili alla sua ne erano già state pubblicate fin troppe.
Sorvolando sul bellissimo (questo devo ammetterlo, è davvero bellissimo) disegno sulla copertina (che sarebbe però molto più adatto ad un fumetto giapponese che non ad un libro), dopo una breve introduzione in cui si dice che "saremo noi (i lettori) a vincere" (che cosa voglia dire, non l'ho ancora capito. Dobbiamo forse dare al protagonista la nostra solidarietà?), ed un prologo in cui si parla di questa super-eroina degna dei libri della Troisi che riesce a sconfiggere il supermegacattivixxximo di turno, ci ritroviamo sulle sponde di un fiume, dove una donna che sta facendo il bagno ALL'ALBA si vede fiondare all'improvviso addosso un fagotto in cui è racchiuso (rullo di tamburi) il neonato bellixximo&biondixxximo, naturalmente destinato a salvare tutta Lycenell (ci mancherebbe). Nell'arco di due capitoli, Etenn (è questo il nome del bambino), cresciuto di 14 anni, da sfigato cronico si trasforma in un eroe fykixximo e fortixximo, e, per forza di cose, tutto il mondo ce l'ha con lui: tutta la sua famiglia viene ammazzata, i cavalieri dell'Ordine di Regina (una società fondata per combattere il cattivixximo) lo cercano per farlo fuori, gli amiketti4evahandevah non lo capiscono, ecc...insomma, dopo quasi 800 pagine di girare a zonzo per questo mondo misterioso (mondo ovviamente descritto secondo il criterio: infiliamo un drago qui, infiliamo una sirena là, e per condire il tutto...massì, un bell'orco! Aspettate...ma dov'è che ho già sentito tutto ciò? Ah, già...in una storia molto migliore di questa ), Etenn arriva davanti il nostro cattivone e lo sconfigge...senza capire come cavolo ha fatto! Detto ciò, però, la storia non poteva mica concludersi qui (eheh, vi sarebbe piaciuto, vero?), perchè....tatatatataaaaaaa...il nostro superfykixximo eroe è imparentato col superkattivone! MA NOOOOOO! Nemmeno il tempo di scoprirlo, e il libro si chiude, rimanendo in sospeso...
Insomma, la trama è banale, banale, banale, la caratterizzazione dei personaggi tremenda, e trovo lo stile un po' troppo infantile. Ma, tutto sommato, qualche punto di forza c'è (ad esempio, la capacità di mantenere la suspance). Ritengo "Sitael-La seconda vita" il tentativo maldestro di una ragazza poco incline alla lettura di fare la scrittrice: di certo, ci sono i presupposti per aspettarci da lei molto molto di più.
Provaci ancora, Alessia.
VOTO FINALE: 4/10

Dove tutto ebbe inizio

Per quanto lontano io possa tornare con la mente, non ricordo un giorno in cui la scrittura non mi abbia affascinato.
Quando non ero più alta di un metro e frequentavo la scuola materna sotto casa mia, la maestra mi metteva sulle ginocchia dicendo "Guarda, è così che si scrive il tuo nome"...ed io rimanevo immobile, incantata, ad osservare ad occhi sgranati la sua mano muoversi delicatamente sul foglio, a formare quei segni e quei riccioli che lei leggeva "Ro-ber-ta".
A cinque anni appena compiuti, dissi a mia madre che volevo andare "alla scuola dei bimbi grandi". Quando mi chiese perché, mi venne in mente soltanto una risposta plausibile: volevo imparare a scrivere. E così, dopo cinque anni, tre mesi e sette giorni della mia vita, entrai per la prima volta in una scuola elementare.
Purtroppo era già ottobre inoltrato, e tutti i miei compagni erano già in grado di disegnare quello che allora si chiamava "il filo del telefono". Erano tante "l" in corsivo, scritte tutte di fila, senza spazi, ed io non capivo il motivo per cui avrei dovuto riempire i quaderni di segni del genere. Insomma, mi sembrava stupido. Non ero lì per disegnare fili, ma per scrivere.
"Provate l'anno prossimo" disse la maestra ai miei genitori "questa bambina non è assolutamente in grado, per il momento. Non so se lo sarà mai."
Io ascoltavo di nascosto. E sentivo la rabbia crescere dentro di me.
Per fortuna, i miei non le credettero. Mi trasferirono in un'altra scuola, ma, nel frattempo, mio padre si propose d'insegnarmi a scrivere sul serio. E lo fece. "A, E, I,..." "LA, LE, LI,..." "SCA, SCHE, SCHI,...". In due settimane, imparai tutto quello che normalmente i bambini imparavano in un anno.
Ero stata indietro rispetto a tutti, ed adesso mi ritrovavo improvvisamente avanti. E da allora, capii che volevo provarci. Volevo provare a rimanere in avanti, a scrivere come nessuno dei miei compagni avrebbe mai potuto fare.
Oggi, frequento le scuole superiori, e la scrittura non ha ancora smesso di affascinarmi.
Scrivo per tanti motivi. Scrivo per stare bene con me stessa, per apprezzare la vita, per amare e non odiare, per fermare il tempo, per riflettere, per dare un senso alle cose, per non abbandonare la speranza, per sfidare la sorte, per non fermarmi mai, per capire di cosa ho bisogno, per far uscire ciò che di buono c'è in me, per essere capace di guardarmi allo specchio ed apprezzare quello che vedo. Scrivo perchè non sono capace di smettere, perchè se non lo facessi impazzirei, perchè senza la scrittura mi sentirei vuota, così come vuota sarebbe la mia vita. Scrivo perchè amo scrivere, perchè è ciò che mi riesce meglio, perchè sono certa che sia il mio unico, preziosissimo talento, l'unica cosa che mi renda speciale in mezzo ad un oceano di cose che mi piacciono, ma che so fare solo in modo discreto.
Non so se riuscirò mai a fare di questa passione il mio mestiere. Ma, insomma, io voglio provarci. Voglio provarci perchè è la mia vita, perchè è tutto ciò che voglio, perchè se non lo facessi mi sentirei uno schifo. Voglio provarci perchè la scrittura è emozione, ed io, scrivendo, mi emoziono molto di più di quanto non faccia nella vita di tutti i giorni. Voglio provarci perchè, se ci fosse qualcuno pronto a credere in me, crescerei, imparerei, e darei sempre di più. 
Certe volte penso di essere un'idiota a sperare che ciò che ho messo su carta piacerà mai a qualcuno. Certe altre, invece, penso di essere soltanto me stessa. 
E se con "idiota" viene classificata una persona che crede nei propri sogni...allora sì, sono un'idiota. E sono molto fiera di esserlo.